Nel corso di We’re Open di Cesena, dove sono stato invitato a parlare de “l’individuo al tempo dei social” ad alcune classi delle superiore composte di ragazzi carichi di ormoni della crescita, ho parlato praticamente di due cose che sono credibilità (e quindi personal branding), e identità online depredata o in pericolo (quindi social network).
Molti di voi conoscono il detto che quando un servizio online è gratis, significa che il prodotto sei tu, vero? Partendo da questo presupposto ho spiegato un percorso interessante e formativo ai ragazzi (credo…): ho detto loro che i nuovi media sono una opportunità straordinaria mai esistita prima, ho spiegato che la nostra identità è fortemente legata alla nostra credibilità e che possiamo diventare quello che vogliamo, con il lavoro e con l’impegno e con il tempo.
Ho anche detto, di contro, che tutto quello che scriviamo su Facebook (per fare un esempio) non è nostro, ma di Facebook. Ho spiegato che Google fattura 50 miliardi di dollari l’anno con i nostri dati, che Amazon ne fattura oltre 60 con il remarketing fatto sui nostri dati di Google, e che Google Plus sa non solo che cosa viene scritto, ma chi ha scritto cosa.
Ho spiegato che da grandi opportunità derivano anche grandi rischi, per mutuare la frase di un famoso film.
Il fatto è che non esiste il modo per aggirare questo strapotere dei social, al momento: se li vogliamo usare dobbiamo stare alle loro regole.
Ma al contempo dobbiamo prendere coscienza ed essere consapevoli di due cose:
1- I nostri dati sono la cosa più importante del mondo. I nostri dati sono nostri, ci rappresentano, sono noi stessi. Non li dobbiamo dare con leggerezza e se lo facciamo li dobbiamo dare consapevolmente. I nostri dati sono la nostra anima. Dareste l’anima con leggerezza? (ho voluto essere un po’ metafisico che sta sempre bene).
2- Se tutti iniziassimo a prendere consapevolezza dell’importanza dei nostri dati, potremo opporci allo strapotere delle aziende private, dei socia e delle lobby. Se l’inconsapevolezza porta a dire “se voglio usare Facebook devo stare alle sue regole e dargli tutto” la consapevolezza porterà a dire “se Facebook vuole che io gli dia i miei dati deve stare alle mie regole, e non viceversa“.
Nelle policy sulla privacy si gioca gran parte del nostro futuro. Meditate, gente.
Parole sante!
Ben detto. Io fatico a spiegarlo ai miei genitori che hanno 70 anni. Ma con i ragazzi è diverso, sono più ricettivi e alcune volte sono predisposti meglio altrove che a casa. Se poi a parlargli è un “vecchio” in gamba … :)
@ Rebecca La Sposa Oculata:
@ Francesco D’Agostino:
i ragazzi sono il nostro futuro. L’aveva detto qualcuno?? ;)
Ciao Prof, io se ai tempi della scuola avessi avuto un prof come te mi sarei sicuramente innamorata, invece era calvo, noioso e gli puzzava il fiato. Io riesco ad immaginarmi l’entusiasmo dei ragazzi alla fine della tua “lezione”. A parte i complimenti che ti meriti perchè ti ho visto in ‘azione e so di cosa sei capace, io credo che tu gli abbia insegnato due delle cose più importanti per chi bazzica sui social: ogni informazione che noi diamo non è più nostra; più è grande e potente il mezzo che utilizziamo più sono grandi i rischi che ne derivano. In altre parole, li hai resi consapevoli e forse inconsapevolmente non sanno di avere avuto un grande maestro.
@ Monica Moretti:
minkia… questo è uno dei commenti più belli che abbia mai letto in questo blog!
grazie mille… davvero.
Spero che in qualche modo sia servito a qualcosa. Di certo è servito a fare si che io potessi leggere questo commento :)