Whatsapp fa bene ai ragazzi ed abbatte le barriere classiche di quella età, specie perché i ragazzi non si sentono giudicati grazie alla mancanza di fisicità.
A dirlo non sono io ma uno studio di Arie Kizel dell’università di Haifa in Israele che appunto afferma che le barriere sociali tradizionali e i dubbi amletici che tutti i ragazzi hanno (abbiamo avuto) comunicando con gli altri, crollino nel momento stesso in cui viene a mancare la fisicità.
E lo credo bene: come dice il mio amico Federico Tonioni dell’ambulatorio dell’Area delle Dipendenze da Sostanze e delle Dipendenze Comportamentali di Roma, davanti a Skype NON si arrossisce. Ma non per modo di dire, davvero! La stessa cosa fatta dietro a una webcam e di persona ha effetti DEL TUTTO DIVERSI, quindi è ovvio che i ragazzi si sentano più liberi di parlare su Whatsapp che di persona.
Però… c’è un però. Anzi un paio.
- La vita non si svolge tutta, nella sua interezza, dietro ad un display di un cellulare. Il rischio di questa sicurezza percepita è che quando si esce dall’ambiente protetto ci si senta spaesati, impauriti e si prendano derive non manifestate nelle chat.
- Le conversazioni di questo tipo sono basate sulla fiduzia. I ragazzi stessi dicono che si sentono più tranquilli perché non giudicati e che si fidano delle persone con cui comunicano, si fidano un sacco e si aprono. Il fatto che si aprano è bellissimo, se le persone che recepiscono i messaggi di apertura sono pronti a mantenerli “intimi”. Abbiamo visto un sacco di casi di persone che hanno condiviso con amici e poi gli amici hanno condiviso con sconosciuti portando ad effetti devastanti. Tiziana Cantone docet.
Insomma, io trovo BELLISSIMO che i ragazzi abbiano una dimensione di fiduzia in cui aprirsi così come trovo bellissimo avere ambienti intimi in cui confrontarsi, ma è bellissimo se rimangono ambienti di cui fidarci et intimi, altrimenti viene a mancare una variabile.
È una questione di educazione, come sempre: dobbiamo, NOI ADULTI, insegnare ai ragazzi et influenzarli con i nostri comportamenti (si influenza per come si è) e fare capire loro che le confessioni, le aperture, i racconti e ogni cosa intima e personale è SACRA e deve rimanere tale.
E dobbiamo anche insegnare loro, di nuovo con il nostro comportamento, che il telefono è una nostra terminazione che deve essere vissuta come un completamento, non un oggetto che sostituisce qualcosa come l’incontro, la danza o il mangiare la salama da sugo insieme.
Sono un digital coach, un docente e un TEDx speaker: sviluppo strategie in sinergia con i vari reparti delle aziende o con i professionisti per generare nuovi servizi, progetti e campagne di comunicazione online, creando e rafforzando l’identità di brand o di personal branding.
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