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19 Marzo 2018

Educazione digitale, ragazzi e videogame: è ora di FARE e di CAMBIARE

di Rudy Bandiera

Poche settimane fa alcuni fatti hanno messo in moto nella mia testa una riflessione complessa sull’educazione dei nostri ragazzi: la mia compagna mi ha “ripreso” perché ho passato tre ore davanti a alla Xbox One X (in quel caso era Forza Motorsport 7 ma poteva essere Doom, Halo o Destiny 2), tre ore durante le quali lei è stata sul divano a guardare Dawson Creek, serie TV che era già brutta 20anni fa.

Pochi giorno dopo, durante una visita medica, mia madre ha ripreso mio padre che, durante l’attesa per la suddetta visita, ha estratto il telefono come un pistolero ed ha iniziato a giuocare.
Alla mia domanda “mamma, ma cosa avrebbe dovuto fare nell’attesa?” lei ha risposto “mah non lo so, guardare Facebook per esempio, ma giocare non è una cosa da uomo della sua età”.

Curioso come la TV, le serie di 20anni fa e Facebook per esempio, vengano considerati più sane et opportune dei videogiuochi. È proprio strano il rapporto che abbiamo con il giocare e ancora di più verso i “giochi elettronici” in genere. Sono considerati cose da bimbi sfikati, da nerd, da bimbiminkia senza socialità o amici.

È un problema culturale, come quello che un tempo era legato ai cartoni animati che gli adulti non guardavano perché “roba da bambini” come se un cartone DOVESSE essere per bambini.

Se guardi la tv 3 ore sei uno che si rilassa, se guardi Facebook sei uno che s’informa, se giochi sei un imbecille sfikato.
Ma… c’è un ma. I ragazzi giovini di oggi NON guardano la TV che noi consideriamo tale, guardano la massimo Netflix da mobile, qualche partita di calcio (quelle non mancano mai sempre per una questione di retaggio culturale) e giocano, giocano tantissimo.

Ne avevo scritto anche tempo fa e vi riporto qualche dato solo per farvi capire la portata di quello che molti di noi adulti considerano “roba per ragazzini”: il videogioco più costoso della storia, Destiny, è costato circa 500 milioni di dollari, di cui circa 360 utilizzati per il marketing, raddoppiando quasi l’intero budget utilizzato per la produzione di Grand Theft Auto V, pari a 256 milioni di dollari.

Per capirci “Pirati dei Caraibi – Ai confini del mondo” è il film con la produzione più alta della storia, circa 300 milioni di dollari, almeno 60 IN MENO della SOLA produzione di Destiny, mentre Grand Theft Auto V detiene il record di vendita nelle prime 24 ore dall’uscita con 11,21 milioni di copie vendute in tutto il mondo pari ad un guadagno di oltre 815 milioni di dollari. Si sono ripresi i soldi di produzione SOLO con i preordini. Ma non è finita…

PlayerUnknown’s Battlegrounds, comunemente abbreviato in PUBG, l’8 settembre 2017 ha infranto il record di 1 milione di utenti connessi contemporaneamente e il 29 dicembre 2017, il gioco supera il record di 3 milioni di giocatori simultanei. Ma visto nulla di simile prima d’ora. Ma non è finita…

Amazon, che suppongo conosciate, ha speso quasi un miliardo (970 milioni, per la precisione) per acquistare Twitch, ovvero la più importante piattaforma di streaming e condivisione delle proprie partite verso il mondo, preinstallato in Xbox e Play Station, di fatto in tutti i nostri salotti. Mamma Microsoft non è da meno, con la sua piattaforma streaming per videogiocatori proprietaria, Mixer. Ad Amazon e Microsoft, si sa, non piace buttare via i soldi. Gioco e condivisione, una miscela esplosiva. Ma non è finita…

Le finali della ELEAGUE Major 2017 ovvero il torneo di “Counter-Strike: Global Offensive”, uno sparatutto in prima persona, hanno portato 5000 persone -tutte le sere per una settimana- a riempire il Fox Theater di Atlanta e lo streaming ha raggiunto il MILIONE di spettatori unici.

Siamo di fronte a 2 fatti: giocare non è “solo un gioco” et i nostri ragazzi lo prendono molto seriamente.

Consideriamo “normale” fare 500 km per andare a vedere una squadra di calcio allo stadio ma non consideriamo nello stesso modo partecipare a un torneo di Counter Strike.
Consideriamo normale guardare una serie TV per 3 ore ma non giocare a “Mass Effect Andromeda” per lo stesso tempo.

Non diamo alle passioni lo stesso peso, giudicandone alcune stupide (giocare) ed altre culturalmente accettate (il calcio, per esempio).

Peccato che i ragazzi la pensino in modo diverso e peccato che il futuro sia loro.

Cosa nasce da questo modo di pensare e pre-giudicare? Nasce uno snobismo adulto che porta i giochi ad essere ghettizzati e i ragazzi a NON avere una educazione adeguata sul tempo e sulla qualità dello stesso, da passare giocando. Non possono essere educati da qualcuno che pensa siano “solo cazzate”.
Nasce una faida generazionale in cui gli adulti fanno spallucce quando si parla di videogiochi e si accorgono della loro esistenza e della terribile serietà della questione solo quando qualche coreano muore dopo avere giocato a Warcraft per 60 ore consecutive.
Si demonizza un mercato del quale DI FATTO non si sa nulla e non si è in grado di educare in modo sano ed equilibrato i ragazzi.

Nel documentario Netflix dal titolo “All Work. All play” si legge che sono di più le persone che hanno guardato dei ragazzi giocare a dei videogame piuttosto che quelle che hanno visto una finale di NBA. I tempi sono cambiati, che ci piaccia o meno, che lo si accetti o meno, e ci dobbiamo fare i conti. Come?

Che fare?

Penso sia arrivato il momento di fare un passo avanti, tutti quanti: questo non vuol dire afferrare un joypad per forza ma prendere atto che quello è il mondo dei ragazzi e che se noi li vogliamo capire e comprendere lo dobbiamo conoscere senza sottovalutarlo o averne paura. Senza ghettizzarlo o renderlo un demone da abbattere.

Nelle mie “lezioni” di educazione digitale lo scorso anno ho visto oltre 3000 ragazzi tra medie e superiori e centinaia di genitori (a volte faccio una sessione per i ragazzi e una per i genitori degli stessi, perché i messaggi da passare sono diversi).
Quando parlo di videogiochi i genitori rimangono esterrefatti, stupidi e spaventati e quando ne parlo ai ragazzi ne rimangono affascinati. Durante il mio percorso per fare loro capire i rischi e le opportunità della rete gli parlo si di cyberbullismo ma gli parlo anche di gaming… ed è li che li conquisto.
Sul loro volto leggo chiaramente “un vecchio che ci capisce di videogiochi?! Allora ci possiamo fidare, non ci giudica!“. Ricordo che tempo fa dopo due ore sul cyberbullismo ad una classe delle medie, ho iniziato a parlare di videogiochi e loro mi hanno chiesto quale console io usassi. Quando ho risposto “ho una Xbox One in ufficio e una Xbox One X a casa” sono impazziti, hanno applaudito increduli al fatto che si potesse tenere una console in ufficio, al fatto che il gioco fosse parte della seriosa e noiosa vita di un adulto!

E’ il loro mondo, dobbiamo parlare nel loro linguaggio: ne ho discusso molte volte su Twitter anche con Fulvio Giuliani, caporedattore di RTL 102,5 (anche lui grande appassionato di videogiochi) e credo che i tempi siano pronti per fare qualcosa di concreto, per noi e per i nostri ragazzi, in una lingua comune e priva di pregiudizi.

Non esiste un riferimento adulto e per adulti, in questo campo, e non esiste un altro settore simile (in crescita, permeante, importante per i ragazzi) e senza punti di riferimento per gli adulti.

Questo avviene per il gap culturale di cui sopra, i videogiochi sono cose da ragazzetti, ma le cose devono cambiare. Qualche idea in testa ce l’ho e non mi fermerò.

Contatterò le aziende, Microsoft, Sony, le radio, le TV, le scuole, la politica e chi più ne ha più ne metta perchè la posta in gioco, me ne rendo conto sempre di più, è troppo alta per fare spallucce.


Sono un divulgatore digitale, #TEDx speaker e Co-founder di NetPropaganda: sviluppo strategie in sinergia con i vari reparti delle aziende o con i professionisti per generare nuovi servizi, progetti e campagne di comunicazione online, creando e rafforzando l’identità di brand o di personal branding.

Per la mia biografia, informazioni su di me e contatti vai alla pagina info

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Rudy Bandiera

Divulgatore digitale, #TEDx speaker e Co-founder di NetPropaganda: sviluppo strategie in sinergia con i vari reparti delle aziende o con i professionisti per generare nuovi servizi, progetti e campagne di comunicazione online, creando e rafforzando l’identità di brand o di personal branding. Per la mia biografia, informazioni e contatti vai... alla pagina contatti ;)



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