Quando durante i miei corsi chiedo alle persone cosa sia lo storytelling mi rispondono “il raccontare storie“. Se questo certamente è vero è anche certamente semplicistico oltre ad avere una connotazione non del tutto positiva.
Lo storytelling, che non abbiamo di certo inventato con i social, è l’atto del narrare e la narrazione è un passaggio non di dati e fatti ma di suggestioni, di esperienze e di tanti, tantissimi simboli.
Noi ci appassioniamo ai SIMBOLI, non ai fatti che li circondano
La storia è qualcosa in cui tutti ci possiamo identificare perchè è di fatto l’esperienza vissuta da altri ed è così potente perché fa emergere delle percezioni personali che sono solo nostre: questo contenuto che ho pubblicato su Facebook domenica dalla spiaggia ha fatto oltre 450 like e generato 118 commenti:
Di fianco a me in spiaggia ho un regazzino, sui dieci anni. Sta giuocando con il suo telefono, indossando le cuffie più fike del globo mentre emette dei versetti che stanno tra lo stupito e lo spaventato.
A un certo punto arriva sua mamma e gli dice “dai vai a fare il bagno, l’acqua è bellissima oggi, pulita”. Lui si sposta una cuffia e dice “no no, adesso è troppo tardi. Se il sole usciva prima ci andavo, adesso no” e lei “ogni scusa è buona eh”. Lui rimette le cuffie, giuoca e ricomincia con i versetti.
Ora, lungi da me fare discorsi generazionali, ho il telefono in mano 17 ore al giorno quando non sono a un computer, ma una differenza sostanziale et oggettiva tra lui e me, alla stessa età, esiste.
Per non farmi fare il bagno i miei, a dieci anni, mi dovevano legare al lettino. Io tiravo, sbavavo, non mangiavo per non entrare in quel dannato loop delle tre ore per la digestione… E mia mamma si incazzava perché non mangiavo ma io avevo solo un fine, un solo dannato obiettivo: fare il bagno.
Questo ragazzino avrà di certo un futuro splendido e svilupperà delle caratteristiche che io posso solo immaginare ma, cazzo, fai quel dannato bagno, tagliati i piedi con le cozze, vai dagli scogli a pescare i granchi, sgarrupati le ginocchia con le conchiglie perché sei al mare!
Forse ero così perché non esisteva un cellulare con cui giuocare. O forse no.
Ok, mi metto le cuffie e mi faccio un Quake.
Perché? Perché questo “successo” e questa partecipazione? Non c’è nulla di geniale in questo scritto ma è una storia, è un’esperienza che in un modo o nell’altro ci riguarda tutti ed è intrisa di simboli che vanno dall’infanzia triste (o allegra) ai genitori inconsapevoli (o brutti o viziati o buoni…) fino ai ricordi del mare, che tutti abbiamo. Ognuno vede qualcosa di diverso dagli altri, qua sta la forza della storia.
Nel video di seguito racconto un’altra storia, che a mio avviso a pensarci bene ha dell’incredibile: i cosplayer sono individui che si travestono da qualcosa che NON esiste ma che ci appassiona da morire. Ripeto: noi ci appassioniamo ai SIMBOLI, non ai fatti che li circondano.
Sono un digital coach, un docente e un TEDx speaker: sviluppo strategie in sinergia con i vari reparti delle aziende o con i professionisti per generare nuovi servizi, progetti e campagne di comunicazione online, creando e rafforzando l’identità di brand o di personal branding.
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