A Castiglione delle Stiviere fanno dei video brutti, questo è innegabile. Ma siamo sicuri di avere il diritto di mettere alla berlina una donna, una filiale, dei dipendenti e un’azienda?
Questa la storia, tra luci ed ombre:
– Alla Filiale di Intesa San Paolo di Castiglione delle Stiviere fanno un video (facoltativo) per partecipare ad un contest interno.
– Il video è per uso interno, ma soprattutto è brutto. Bruttissimo. Ogni secondo che passa è peggiore di quello precedente in una escalation di imbarazzo come pochi visti in vita.
– Qualcuno decide di prenderlo dal canale privato in cui si trova, scaricarlo e divulgarlo pubblicamente.
– Scoppia il pubblico ludibrio. La direttrice ha dei problemi con l’azienda, i dipendenti (oltre a vergognarsi come cani) vengono presi di mira su centinaia di gruppi e pagine Facebook.
– Aziende di ogni tipo iniziano a prenderli in giro e a fare meme sotto la bandiera del real time marketing.
– Repubblica, ma si dai perché no, pubblica il video.
Al di là dei “pare” ci sono alcuni fatti, più o meno evidenti e più o meno superficiali, in questa storia, tra cui il fatto che prima di fare un video si deve sapere come fare un video e il fatto che nel nome del team building è brutto mettere a rischio delle persone senza supporre che una cosa simile possa accadere. Ma soprattutto c’è una cosa che tendiamo sempre a sottovalutare, tra le ghignate che ci facciamo quando vediamo qualcosa di brutto: quel video era privato.
Privato, secondo la Treccani significa che non è pubblico, in quanto è riservato a una sola persona o a una ristretta cerchia di persone.
Il VERO problema di questa storia, come in tutte quelle storie che l’hanno preceduta, è che qualche verme senza moralità si sente in diritto di prendere qualcosa su cui NON HA ALCUN DIRITTO e renderla di tutti. Qualche verme senza moralità pensa che le risate sguaiate dei suoi followers o lo scherzo fatto a dei conoscenti, valga di più della dignità degli individui che sta, di fatto, rovinando.
Non lo difendiamo con le solite cose tipo “ma non si poteva immaginare che accadesse questo” perché se prendi una pistola, chiudi gli occhi e spari nel mucchio qualcuno colpisci anche se non era tua volontà colpire alla testa propria quella persona.
Il Web è responsabilità e le cose private sono private.
Personalmente provo disgusto per questa storia e per tutte quelle storie in cui qualcosa che non doveva uscire esce, qualcuno la cavalca e in molti ridono, sghignazzano, godono nel vedere l’umiliazione altrui.
Dice Caparezza “pensare a chi sta peggio non ti fa stare meglio, a meno che tu non sia cinico”. Dobbiamo liberarci dai cinici, dobbiamo liberarci da chi ride di qualcosa fatto da altri senza aver mai fatto nulla, dobbiamo liberarci della cultura del “mettere alla berlina”. Dobbiamo liberarci del concetto che “non sono stato io” perché tutti abbiamo un pezzo di responsabilità e dobbiamo CAPIRE che la dignità è più importante dei like.
Qua esistono molti responsabili ma UN COLPEVOLE ed è il primo che ha condiviso il video.
Possiamo dire di tutto, ripeto: un’azienda che vive di fiducia ha probabilmente sbagliato ad impartire ordini senza preparazione adeguata et ha avuto la leggerezza di produrre qualcosa che si sa che sarebbe potuto sfuggire ma la verità è che quel contenuto era privato e privato doveva rimanere.
Nella nostra scala di priorità questa dovrebbe essere la prima cosa che conta, il resto sono dettagli su cui discutere.