Ieri stavo camminando per strada, tornando a casa dall’ufficio, in una via pedonale di Ferrara che si chiama San Romano e, verso di me, venivano un uomo e una donna che discutevano amabilmente. Essendo la strada pedonale, senza rumori di automobili, si sente benissimo di cosa parlano le persone tra loro e lei, guardando lui con preoccupazione, a un certo punto ha detto “sì, ma vatti a far vedere”.
Vatti a far vedere. Quante volte abbiamo sentito e detto questa frase?
Mi sono trovato a riflettere sulla complessità di una così semplice frase. Vatti a far vedere significa letteralmente “vai -da qualcuno- a farti vedere – con gli occhi” e nulla di più ma in realtà i significati sono molteplici.
Può significare che qualcuno si preoccupa seriamente per te, per qualcosa che si sospetta tu abbia, e il vatti a far vedere significa vai da un medico.
Oppure lo si dice quando qualcuno ha reazioni scomposte, isteriche, esagerate: quindi “vatti a far vedere” significa “da uno bravo”, ovvero da uno psicologo o un professionista affine.
La frase si presta ad almeno due significati concettuali diversi tra loro e distanti dal significato letterale, con un senso del tutto diverso in base al contesto e a chi lo dice con chi.
Ecco, questo per esprimere il concetto seguente: quando sarà in grado, l’intelligenza artificiale, di capire queste sfumature linguistiche?
L’intelligenza, quella VERA, è la capacità d’interpretazione la quale è figlia di due variabili: esperienza e contesto. Sono le sfumature a fare le lingue e la comunicazione, non le lettere usate.
Fino a quando le macchine non saranno in grado di capire la frase “vatti a far vedere” nel modo corretto allora saranno solo machine.
Il “vatti a far vedere” è il nuovo “test di Turing” :)