30 anni fa, oggi, entravo per la prima volta in fonderia con l’intenzione di rimanervi il tempo necessario per trovare un altro posto meno duro. Ci rimasi per 13 anni.
Non è stato il mio primissimo lavoro ma senza dubbio il primo importante e quel primo giorno lo ricordo come fosse oggi.
Mi portarono subito in magazzino per la consegna di tutto l’abbigliamento (a quei tempi non era ignifugo, quello venne dopo).
Ricordo benissimo un tizio, tale Paolo detto “Paulon” a causa delle sue dimensioni corporee, che urlando in dialetto con il magazziniere, Elio, disse “oh, ades i’asum anch i cirul!” il che vuol dire “adesso assumono anche i marmocchi”.
Buongiorno, Rudy, benvenuto nel mondo del lavoro.
Se dovessi trovare dei termini per definire come mi sentivo direi a disagio, inadeguato e fuori contesto.
Ero giovanissimo, un fanciullo ingenuo in una gigantesca fabbrica piena di brutali operaiacci… i quali sembrano così solo all’inizio poi sono come il papà che hai a casa o lo zio che ti porta allo stadio.

A parte lo scioccante impatto iniziale (immaginate un ragazzino messo davanti ad una pressa per fonderia piena di alluminio a 750 gradi, con un caldo tale da non poter respirare vicino alle macchine senza farsi uscire il sangue dal naso) fu il periodo senza dubbio più duro e formativo della mia vita.
Ho imparato da tutto e da tutti. Da come funzionava il sindacato e i rapporti di forza all’interno dell’azienda, dai colleghi, dai capi che si trovavano spesso schiacciati tra quello che avrebbero voluto fare e quello che dovevano fare.
Ho imparato dai colleghi facendomi un’idea di che persona sarei diventato e di cosa non sarei mai stato.
Ultimo ma non ultimo, nel maggio del 1992 in fonderia, ho conosciuto il mio amico e socio Skande.
È proprio il caso di dirlo: se tornassi indietro rifarei tutto.
