Provate ad accedere a molti sevizi bancari: tra pin, puk, codici, numerini e cose varie, molto probabilmente vi perderete dopo pochi passaggi.
Provate a richiedere il rimborso del bollo avendo un’auto ibrida: tra registrazioni, servizi che non vanno, raccomandate, lettere in carta, visite in comune per delle firme (NON elettroniche) vi perderete e, probabilmente, mollerete la pezza e rinuncerete al rimborso.
Accedere con l’impronta digitale – o con il Face ID del vostro bel musino – a tutti i servizi sì che rende tutto semplice! Ma a quale prezzo? A quello della sicurezza e della privacy.
Il punto è semplice:
c’è vero progresso solo quando i vantaggi di una tecnologia diventano per tutti
(diceva Ford) ma non aveva fatto i conti con la digitalizzazione perché oggi i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti solo a discapito di un prezzo da pagare in privacy e sicurezza.
Prendete Alexa o Google Home: bellissimi, semplici da usare, intuitivi, alla portata di tutti ma sempre accesi, sempre in ascolto e sempre connessi. Tutti i servizi che in qualche modo accedono in maniera velocissima e semplice come i vostri dati più sensibili, sono potenzialmente servizi rischiosi.
Non è mia intenzione fare del terrorismo o tanto meno spaventare delle persone, ma la semplificazione ha un prezzo.
La faccia, la voce e le impronte diventano la nostra identità digitale ma si deve anche pensare a tutelare con rigore queste variabili personali.
Chi controlla il controllore?
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Sono un docente, divulgatore, consulente e TEDx speaker: insegno a persone ed aziende a non avere paura del digitale e a viverlo come un’opportunità, sia personale che di business.
Ho scritto 3 libri su tecnologia e digital: Web 3.0, Digital Carisma e Condivide et Impera.
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