I social hanno riportato in auge il concetto di tribù, luogo all’interno del quale noi facciamo “favori” non concessi agli esterni alla tribù stessa, con una distinzione sostanziale…
Mentre prima del Web la nostra tribù era relativamente ridotta a pochi amici e parenti (il numero di Dunbar parla di 150 persone al massimo che si possono “conoscere” in una vita), oggi ci troviamo in tribù anche di migliaia di persone, all’interno delle quali ci si aspettano questi favori senza però considerare che il numero di Dunbar è bello che saltato.
Di fatto abbiamo la stessa percezione di una società tribale in cui abbiamo dei diritti non scritti ma contemporaneamente SIAMO in un immenso villaggio globale in cui sono saltati i numeri per essere una tribù.
Il risultato è che chiediamo cose come se fosse giusto e naturale chiederle, pretendiamo di essere ascoltati e se questo non accade (perché non siamo in una vera tribù anche se ne abbiamo la percezione) tendiamo ad alzare la voce oppure a frustrarci. Arroganti egoriferiti o frustrati, sempre di più, con una grande fatica nel trovare un equilibrio.
Il Web e i social stanno costruendo una nuova società, peccato che nasca sui retaggi di quelle che ci hanno preceduto da 10000 anni a questa parte.
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Sono un docente, divulgatore, consulente e TEDx speaker: insegno a persone ed aziende a non avere paura del digitale e a viverlo come un’opportunità, sia personale che di business.
Ho scritto 3 libri su tecnologia e digital: Web 3.0, Digital Carisma e Condivide et Impera.
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