Guarda questo pubblico, sembro dire mentre lui strizza gli occhi pensando “pubblico?”
Leonardo Bonucci ha quasi 15 anni meno di me ma sicuramente un’esperienza unica e straordinaria alle spalle, un’esperienza che pochissime persone sulla Terra possono vantare.
La cosa curiosa è che quando ci siamo incontrati allo Juventus Stadium di Torino, grazie agli amici di Randstad, abbiamo fatto due chiacchiere del tutto normali e a un certo punto, tra una battuta e l’altra, mi ha detto “io non sono molto abituato a questo”.
A questo cosa, ho chiesto io? E lui mi ha risposto “al palco, a parlare in pubblico. Non mi sento molto a mio agio”.
A quel punto io sorpreso gli ho detto “ma come, sei abituato a ben altro pubblico! Quando ti senti a tuo agio?” e lui mi ha risposto, indicando dietro alle nostre spalle “qua dietro”.
Ecco, dietro di noi c’era il campo, quel prato verde che penso potrebbe annichilire chiunque (della volta che ho parlato allo Stadio Olimpico di Roma ve lo racconto un’altra volta) ma non lui. Lui ci si sente a suo agio con 50mila persone attorno che gridano accaldate, mentre io impazzirei, credo.
Al contrario, per quello che riguarda me stare su di un palco con un pubblico di fronte è la cosa più bella, eccitante, affascinante e stimolante del mondo.
Non importa quello che fai, quello che importa è chi sei.
Un uomo con un’idea è un matto finché quell’idea non ha successo, diceva Mark Twain.
Quello che è davvero importante non è il lavoro che facciamo ma che il lavoro che facciamo ci gratifichi, ci spinga, ci stimoli e non ci faccia sentire fuori posto, mai.