Allora, c’è questa generazione, la Gen Z (quelli nati all’incirca dalla metà degli anni ’90 all’inizio dei 2010), che sta entrando di prepotenza nel mondo del lavoro… E non ci sta entrando in punta di piedi, no, sta scuotendo le cose
Immagina ragazzi e ragazze che pensano: “Perché lavorare per un altro se posso creare il mio?”. Non a caso, la metà di loro vorrebbe essere il capo di sé stessa. Il lavoro tradizionale, rigido e gerarchico, sembra meno attraente.
Cosa cercano di più? La flessibilità (spazi, orari, programmazione) è in cima alla lista dei desideri e sono convinti che cambiare lavoro sia un modo efficace per crescere professionalmente.
E sebbene si sentano ben connessi con colleghi e manager (78-88%), c’è un lato di tensione: il 52% si dichiara stressato e quasi la metà (48%) prevede di cambiare lavoro presto.
Un aspetto importante: pur amando la flessibilità, sentono il bisogno di interazione e di sentirsi parte di qualcosa.
Insomma, è un macello :D

Di questo e dell’integrazione tra le generazioni si è parlato all’evento di SMI Group a Roma la scorsa settimana, un evento che mi ha visto insieme a Marco Lorusso presentatore e speaker, e che mi hai fatto imparare due cose importantissime: la prima è che SMI Group è la prima azienda in Italia ad essere certificata UNI CEI ISO/IEC 42001:2024 da ACCREDIA per la gestione dell’intelligenza artificiale, dimostrando il suo impegno verso pratiche AI etiche e trasparenti.
La seconda è che il tema della transgenerazionalità è sempre più importante, pressante e presente nelle aziende che presentano nei loro organici almeno tre generazioni diverse, con le conseguenti problematiche che ne derivano.
In pratica, quello che ho imparato e che nella diversità possiamo trovare bellezza, equilibrio e anche efficienza ma solo a patto che queste diversità si accettino, si capiscano e non si giudichino a priori.
Non esiste una generazione migliore delle altre, esistono solo generazioni diverse.