Prima dell’incontro con la premier Meloni, Viktor Orban, il premier ungherese, ha rilasciato una breve intervista, dichiarando che avrebbe parlato con Trump per convincerlo che i dazi verso la Russia sono sbagliati. Poi è successo qualcosa di strano.
Ha incontrato Meloni, il giorno dopo Salvini, e nel mezzo Balázs Orbán, suo storico consigliere politico, ha pubblicato su X il video dell’intervista e ha accusato i media italiani di diffondere fake news: “Le fake news colpiscono ancora: l’obiettivo è chiaro, dividere e indebolire i leader che sostengono la pace. Sono parole che non ha mai pronunciato”. Peccato però che il video postato confermi, con sottotitoli, la versione dei giornalisti presenti.
Al di là dello sconcerto per l’ennesima giravolta politica, tra dichiarazioni, smentite e ritrattazioni, il vero rischio che si intravede è la deformazione della realtà su due fronti opposti.
Da una parte c’è chi produce video e contenuti generati dall’intelligenza artificiale, talmente realistici da essere indistinguibili dal vero. Dall’altra, c’è chi, pur non usando la AI, accusa altri di aver manipolato la realtà tramite l’intelligenza artificiale.
La verità inizia a sembrare totalmente soggettiva: se vuoi che una notizia accada, come Trump tra i resort di Gaza o il lancio di letame su chi protesta, puoi costruirla con l’AI e troverai sempre qualcuno disposto a crederci. Ma se invece dici qualcosa di stupido di cui ti penti, puoi sempre affermare che non l’hai mai detto e che i video sono stati manipolati.
Chi crederà più a qualcosa nei prossimi anni? Chi prenderà sul serio le fonti? E quali saranno le fonti da prendere sul serio?
Penso che la scelta di chi ascoltare sarà sempre più importante nel prossimo futuro perché già oggi sembriamo pazzi gli uni agli altri perché a dividerci non sono più le opinioni che portiamo sui fatti, ma i fatti stessi.