Boomer. Questo straordinario termine, nota di colore, connotazione anagrafica e parola abusata

La parola (e le sue connotazioni) è sempre presente nelle slide ai miei eventi, per raccontare non quanto venga usata a sproposito, quanto per sottolineare un fatto incredibile e storicamente nuovo: per la prima volta nella storia almeno 4 generazioni frequentano gli stessi luoghi, di lavoro, di svago e digitali.

Per nostra fortuna si vive molto di più rispetto ai tempi passati e, ahinoi, si lavora anche molto, anagraficamente parlando. Quindi in grosse aziende (ma non solo) si trovano persone con grande esperienza ma senza alcuna competenza digitale e persone super competenti digitalmente ma senza esperienza lavorativa concreta.

Uno dei grandi temi del futuro del lavoro sta nella convivenza generazionale e nell’apporto che ogni generazione possa portare all’ambiente e a persone generazionalmente distanti.

Il “reskilling” è la pratica formativa per lo sviluppo di nuove competenze che permettano al lavoratore di ricoprire un ruolo diverso all’interno dell’azienda per la quale lavora mentre “upskilling” è il processo di formazione attraverso il quale un lavoratore espande le conoscenze o acquisisce nuove competenze legate al campo di lavoro nel quale già si trova, dove ha esperienza.

Se un tempo quello che oggi chiamiamo upskilling veniva definito semplicemente formazione, il tema del reskilling è totalmente nuovo e comporta il fatto di non smettere MAI d’imparare.
Questo è il grande tema: la formazione -in azienda e fuori come lauree e brevetti- non può più essere considerata un punto di arrivo ma deve essere vista come un punto di partenza.

Grazie a queste due pratiche formative continue i giovani, seppur senza esperienza, imparano e crescono mentre i boomer divengono tali solo da un punto di vista anagrafico, facendo dell’esperienza un valore incontrovertibile.