La battaglia tra quelli che vogliono i vaccini e quelli che non li vogliono è sempre stata presente, sotto la cenere, ma rimaneva un problema latente. Cosa l’ha fatto scoppiare? I social.
Senza entrare nel merito di chi potrebbe avere torto o ragione, anche se personalmente sono pro vaccini, il fatto è stato alimentato, è cresciuto, sbocciato ed esploso sui social. Da lì è arrivato nelle piazze.
Va da sé che i social NON sono un giuoco per bambini ma un potente influenzatore sociale che in pochissimo tempo passa le “suggestioni” dalla bacheca di molte persone alle aule di Palazzo Chigi.
Perché questo avviene? Allora, i social generano quelle che vengono definite da quelli bravi “echo chamber” o camere dell’eco, oppure bolle sociali, o bubble filter o ancora bolle dell’ego, come mi piace definirle. E che cosa sono?
Sono le informazioni alle quali abbiamo accesso in base a quello che siamo noi:
Facebook non ci mostra TUTTO ma ci mostra quello che considera potenzialmente affine a noi
quindi, vediamo solo quello che vorremmo vedere. Quando apriamo Facebook il suo algoritmo ci riconosce e ci mostra delle cose che sono potenzialmente affini ai nostri interessi/gusti e qua sta il grande equivoco perché pensiamo ci mostri tutto e quindi… ci convinziamo che tutti la pensino come noi.
Ecco nata una echo chamber, ovvero un luogo senza confini definiti, dove gli individui vedono quello in cui credono, vedono che anche “tutti gli altri” ci credono e quindi lo divulgano come verità assoluta.
Questo genera alcune condizioni molto pericolose e controverse: la prima è che le persone credono di far parte di una maggioranza e quindi si sentono nella ragione (riprova sociale di Cialdini) e la seconda che non è possibile far cambiare loro idea perché le informazioni discordanti dalle loro, semplicemente, non gli arrivano per lo stesso motivo di cui sopra ovvero che Facebook ci mostra quello che pensa ci potrebbe piacere, non il suo contrario.
Di fatto le echo chamber, le “camere dell’eco sociale” impediscono il confronto e fomentano la divulgazione delle bufale.
Il problema è molto più serio di quello che potrebbe sembrare: si possono spostare milioni di voti, di percezioni e di idee su quello che si vuole, si possono manipolare le persone con notizie create su misura. Altro che grande fratello!
Cosa possiamo fare a questo punto? 2 cose soltanto.
Una è ragionare su quello che vediamo, abbandonare la pigrizia mentale e prendere atto che quello che vediamo NON è assoluto ma è stato scelto per noi da un algoritmo. Non possiamo pensare di avere la verità in tasca perché tutti la pensano come noi per il semplice fatto che vediamo SOLO quelli che la pensano come noi.
Dall’altra parte, quelli che hanno un seguito trasversale et ampio e che vengono definiti influencer, hanno la responsabilità di… divulgare. La divulgazione dell’informazione in maniera poco tecnica e comprensibile da tutti è una responsabilità oggettiva di coloro che hanno un seguito, ognuno nel proprio settore, senza sottovalutare quello che spesso viene considerato un sottobosco ma non lo è, il mondo dei social.
Siamo sempre lì, la responsabilità è di tutti noi. Non c’entrano i Governi e le Istituzioni, questa volta c’entriamo noi.
Se sopravvivremo a noi stessi altri 50anni, saremo Dei.