Devo dire che l’estate è il periodo dell’anno in cui si ragiona e si riflette meglio sulle cose, lontani dalle pressioni, dalle mal e dalle telefonate. In queste settimane ho riflettuto e penso che la frase “sono responsabile di quello che dico, non di quello che capisci” sia una stupidaggine ma… c’è un ma.
È chiaro che se non siamo in grado di comunicare allora la responsabilità di quello che le persone capiscono è nostra (o meglio della nostra mancanza) ma se quello che viene espresso è chiarissimo e chi legge capisce il contrario, dove finisce la responsabilità del comunicatore e inizia quella dell’ascoltatore?
Ho fatto un post in cui dicevo che il mondo di oggi è cambiato et genitori ed adulti non sono più in grado di essere dei punti di riferimento per i ragazzi: qualcuno ha interpretato che dico che i ragazzi sono marci e noi -giovini- eravamo meglio.
Cosa che NON ho scritto e che NON penso.
Ho scritto che sono andato a vivere in centro, realizzando il sogno di una vita, (a VIVERE) e in moltissimi hanno interpretato che ci vado a lavorare, proponendosi di venirmi a trovare per un caffè o cose simili.
A volte è certamente distrazione o fretta (ci sta) ma alcune aree del cervello si attivano con determinate keyword, o sul “pregiudizio” verso determinati individui, e portano il ragionamento su di un pattern pigro e predefinito che PRESCINDE dal VERO senso. Questo, temo, vale per TUTTI noi.
Siamo distratti, pregiudiziali o manipolabili?
Sono un docente, divulgatore, consulente e TEDx speaker: insegno a persone ed aziende a non avere paura del digitale e a viverlo come un’opportunità, sia personale che di business.
Ho scritto 3 libri su tecnologia e digital: Web 3.0, Digital Carisma e Condivide et Impera.
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Le 7 regole per vivere online | TEDxBologna | Rudy Bandiera