Non è un caso che abbia messo le maiuscole in Comunicare, in Divulgare e non in ammorbare. Si perchè se la comunicazione è sempre stata, ed è, idolatrata come un’arte complessa, lucida, elevata et articolata, la divulgazione è sempre stata la figlia di serie B.
Come dire, comunicare è fiko, divulgare è da sfikati. Nulla di più falso. Partiamo, come sempre dai termini di cui stiamo parlando.
Comunicare
Rendere comune, far conoscere, far sapere; per lo più di cose non materiali
Far conoscere, ragazzi, far conoscere porco giuda! Fare sapere agli altri qualcosa che noi sappiamo o che abbiamo imparato o che vogliamo diventi pubblico e che sentiamo necessario condividere. Esatto… condividere, la comunicazione è prima di tutto condividere.
Divulgare
Rendere accessibili a un più vasto pubblico, per mezzo di un’esposizione semplice e piana, nozioni scientifiche e tecniche
Questa è la mia preferita, la figlia della serva più fika der monno. Divulgare deriva da vulgare ossia diffondere tra il volgo. Parlare alla gente, rendere accessibili a un più vasto pubblico, per mezzo di un’esposizione semplice e piana, nozioni scientifiche e tecniche. Di fatto spiegare cose a persone ache altrimenti non sarebbero mai state in grado di capire o che non avrebbero mai avvicinato.
Luciano De Crescenzo dice, e per me è geniale, che la divulgazione è rappresentata da quei tre scalini che si usano in biblioteca per arrivare ai libri che stanno più in alto.
Ammorbare
Infastidire, annoiare
Ammorbare significa parlare in modo terribilmente tecnico solo per dimostrare di sapere le cose. E’ irritante, non serve a nessuno, allontana le persone dagli argomenti e avvicina solo i super verticaloni. I competitor, di fatto.
Ora, se riusciamo a mettere insieme comunicazione e divulgazione non solo parliamo alle masse ma accendiamo dibattiti: diamo informazioni utili et emozionali nello stesso momento e questo, si questo, è quello che io faccio di mestiere. O almeno quello che tento di fare tutti i giorni, qui, sui social, ovunque.
Vi faccio due esempi di cose che, comunicativamente, per me non si dovrebbero MAI fare.
Ieri su Quag ho scritto questo post nel quale scrivevo della mancata innovazione di Apple dalla scomparsa di Jobs. Ho scritto un passaggio che è il seguente:
Ogni sviluppatore potrà contribuire attraverso la nuova versione di “Swift” un software che è una sorta di porta di accesso. Vi ricorda qualcosa? A me si, Android.
Tra le molte risposte, tutte più che ragionevoli vista la condizione e la religion war della discussione, mi è stato scritto anche questo:
Rudy, Swift è un linguaggio di programmazione object-oriented, Android è un sistema operativo per dispositivi mobili, due cose leggermente differenti. A presto
Ora, coome è possiabile fare un post breve, parlare al volgo, spiegare e accendere un dibattito spiegando per filo e per segno ogni differenza tecnica che intercorre tra un softwarino e l’altro? Non è possibile, si perderebbe il senso e si parlerebbe con pochissime persone le quali, di certo, non sarebbero comunque d’accordo. Non sarebbe, in effetti, comunicazione. Non sarebbe, in effetti, divulgazione.
Altro esempio. Su Google Plus parlavo del Sony Xperia M4 Aqua del quale ho scritto una recensione qua, e spiegavo che non va per nulla bene aggiungendo le mie motivazioni.
Tra le risposte una mia ha colpito moltissimo, almeno una parte di questa:
Perchè il problema è che la gente non capisce niente di informatica. Imparassero a fare un flash di una rom…. poi vedi come andrebbe bene il loro telefono “lento”
Ecco… come a dire, la gente non capisce nulla di chirurgia cardiaca, imparassero a liberare un ventricolo poi vedi come andrebbero bene i loro cuori intasati.
Il punto, in questo secondo caso, è semplice:
la gente ha il diritto di NON sapere NULLA di informatica!
E’ un diritto sacrosanto che mio padre non debba essere costretto a saper flashare una ROM per installare CyanogenMod. Non tutti siamo tecnici di tutto, non tutti possiamo sapere tutto di tutto ma tutti abbiamo il diritto di avere cose che funzionano senza doverle craccare.
Ecco la divulgazione a cosa serve, ecco la comunicazione a cosa serve: non serve a insegnare a mio padre a flashare la ROM di Android ma serve a creare un mercato consapevole, serve a insegnare tutti i padri di Rudy in Italia cosa comprare, cosa no e perchè. Mi auto-cito pure:
“La felicità sta dove esiste equilibro e l’equilibrio implica la più completa consapevolezza di sé, degli altri e del posto che si occupa nel mondo. In sostanza, identità.”