I pessimisti sono più intelligenti? No, ma abbiamo sempre la percezione lo siano. Perché?
Un noto aforisma di John Stuart Mill dice che “si ritiene essenziale per un uomo che ha una conoscenza del mondo avere una pessima opinione di esso”. Mah… qualcosa non mi torna.
Quand’è stata l’ultima volta che hai visto il telegiornale avendo la sensazione che le cose stiano migliorando? Probabilmente mai, ma è dovuto al nostro rapporto con le informazioni negative il quale ci porta a credere che le cose stiano progressivamente ed inesorabilmente peggiorando.
Guardiamoci in faccia un attimo: le cose sono davvero così brutte? Non proprio.
Il 2021 è stato un anno di enormi progressi, così come gli anni precedenti. I dati mostrano che il pessimista ha torto statisticamente, considerevolmente e costantemente, almeno sulla maggior parte delle cose. Allora perché i mercanti di sventura sembrano profondi e saggi, mentre gli ottimisti sembrano superficiali e ignoranti?
Parte della risposta sta nel modo in cui siamo costruiti.
Fai un breve viaggio nel tempo con me: sei un cacciatore-raccoglitore solitario che ha appena raccolto cibo a sufficienza per due giorni. Ti imbatti in un animale che potrebbe fornire cibo sufficiente per altri tre giorni ma non hai alcuna garanzia di abbattere il bestione.
Un cacciatore “ottimista” lascerebbe il cibo per catturare l’animale, ma potrebbe fallire e tornare alla sua capanna a mani vuote. E’ la potente avversione per la perdita che ci ha permesso di evolvere.
Nel dubbio, abbiamo più paura di perdere qualcosa che entusiasmo nel trovare qualcosa.
L’evitare errori viene scambiato per saggezza e concretezza ma, visto che non siamo più cacciatori-raccoglitori, anche questo modo di pensare, semmai un pochino e lentamente, dovrebbe cambiare.