Uno dei problemi nel fare social a livello professionale sta nella costruzione di community che possano essere non solo ampie ma soprattutto coese.
Per costruire le community si deve prima di tutto legare la community stessa attorno a qualcosa o qualcuno (va bene per aziende come Harley Davidson o persone come Patch Adams ad esempio) che abbiano al centro un costrutto valoriale di qualche tipo, attorno al quale appunto le persone si possano riconoscere e sentire parte di qualcosa.
Solo che questo non è sufficiente, perché le persone sono diverse tra loro e la comunicazione non può arrivare a tutti allo stesso modo, oltre al fatto che non tutti agiscono nello stesso modo nei confronti del centro di gravità della community stessa, proprio perché si trovano a distanze diverse.
Per riuscire ad ottimizzare una community -rendendo tutti felici di farne parte- la si deve stratificare in modo che ognuno abbia la propria tipologia di contenuto in base al grado di affinità con le altre persone e al centro di gravità. Per fare questo ho pensato a un sistema piramidale (nulla a che fare con il sistema di vendita piramidale) che voglio esporvi.

LA BASE DELLA PIRAMIDE: SOCIAL E SITI
La base è quella nella quale vengono erogati i contenuti più diretti, semplici se vogliamo, digeribili e funzionali per tutti.
Social e siti ci servono ad allargare il bacino di utenza e ad arrivare a più persone ma le conversioni in “ingaggio” è sempre relativamente bassa perché se qualcuno ti vede sui social non per forza vuole stringere relazioni con te. Guardano, “lurkano” ma non per forza interagiscono.
I numeri di Blog, LinkedIn, FB, Spotify, Pinterest, Twitter e chi più ne ha più ne metta, sono “vanity metrics” se non servono a qualcosa. Per questo si passa alla fase successiva.

LE NEWSLETTER
Le newsletter, di ogni tipologia e forma, sono la naturale evoluzione del seguito social e dei blog.
Sono un contatto diretto frutto di conversione, ovvero sono individui che ti hanno cercato oppure che ti hanno incontrato e che sono rimasti nella tua orbita fino al momento di decidere di “approfondire” attraverso un sistema poco invasivo ma molto diretto.
I circa 18k iscritti alla mia newsletter LinkedIn e i circa 3000 a quella tradizionale sono lì per avere contenuti che non trovano online normalmente e sono “maturi” per avere qualcosa di diverso e più raffinato.
Le newsletter raggiungono in genere un numero minore di persone di social e siti ma con maggiori aspettative.
Per questo sono così faticose da creare e gestire. Ma non è ancora il massimo della fatica…

I CANALI TELEGRAM
Telegram regala delle possibilità che gli altri social non hanno, tra cui quella di far parte di gruppi “esclusivi” in cui leggere contenuti push diretti alla community, molto personalizzati.
Le 3000 persone iscritte al mio canale Telegram sanno che possono rispondere ma non è una chat e sanno che il contenuto che trovano lì è esclusivo, personale e molto diverso dagli altri canali (altrimenti starebbero sulla newsletter). Si possono usare i messaggi vocali, per esempio, oppure dare qualcosa in più rispetto ai contenuti pubblicati altrove.
Per fare un esempio concreto, se si posta un video su YouTube e si mette anche su Telegram risulta essere contenuto duplicato ma se quello su Telegram è accompagnato dal testo del video, le persone hanno la possibilità di guardare, ascoltare o anche solo di leggere, scelta impossibile in ogni altro luogo digitale.

DISCORD, TWITCH E NICCHIE
Discord è senza dubbio una delle punte più avanzate nella creazione di community e dell’evoluzione delle chat, un luogo innovativo dove fare cosa che in altri posti sono IMPOSSIBILI.
A questo punto della community non si parla più di persone legate dai contenuti ma di persone legate dai costrutti valoriali di cui parlavamo all’inizio.
Una community è fatta d’interazione, passione e grande senso di coesione, l’esempio più alto e legato di gruppo di persone online.
Sul mio Server Discord siamo poco meno di 150, immensamente meno di quante persone ci siano tra i follower sui social in effetti, ma immensamente più attive, coese e felici di far parte di qualcosa che esula dal creatore di questo qualcosa.
Si diventa una parte attiva del meccanismo.
Bunglers, il nome della community, non l’ho scelto io, ad esempio, ma è nato da un’idea di Augusto Faglia che ha pensato sarebbe stato bene, visto che siamo eterogenei come individui, definirci un “pasticcio” nel senso migliore del termine, un gruppo di persone coese pur nelle loro diversità.
Anche Twitch, parlando di social “innovativi”, è una forma di community molto evoluta visto che l’interazione e le modalità di comunicazioni sono diverse da tutte le altre piattaforme: per esempio sul mio canale tutte le mattine alle 10 parliamo delle novità digital ma sempre con un occhio attento a quello che le persone vogliono discutere, non a quello che io voglio discutere.
I contenuti per questi diversi strati di community piramidale devono essere assolutamente diversi tra loro e raffinarsi salendo verso l’apice, dove si trova un contenuto che non è soltanto di qualità ma più personale.
La mia newsletter di LinkedIn, questa che state leggendo, è diversa, più tecnica e meno “intima” di quella mia personale, così come i messaggi nei gruppi Telegram sono più diretti delle newsletter e meno “caldi” di quelli di Discord perché le persone sono numericamente sempre meno e più vicine a un concetto che, sulla cima della piramide, si trova armoniosamente: gli amici.
Elisabetta Pendola su LinkedIn parlando di community:
Persone che non conosci ma che impari a conoscere, nelle loro pillole di eccellenza e nei loro più bassi livelli.
Le conosci, le scopri, sei parte di qualcosa.
Esistono loro ed esisti tu.
Persone rivalutate anche se non ti assomigliano affatto.
Persone che si interessano di te, del tuo ultimo colloquio di lavoro e di cui tu ti interessi perché vuoi sapere la saga dell’ultimo aggiornamento MacOs o dell’ultimo fuoristrada acquistato.
E se questi sono andati dall’estetista a farsi schiacciare i brufoli e hanno voglia di dirtelo, oh, ma te davvero non lo vuoi sapere?
Mi sono accorta che sì, lo voglio assolutamente sapere.
Devo ricordarmelo quando prendo per il c* i community manager come figure irrilevanti. Sono estremamente importanti.
Sentirsi importanti è forse alla base di tutto il nostro senso nella vita.