Non c’è niente niente niente di più bello, stimolante, stancante ed edificante che parlare a una platea delle scuole medie.
Spesso il limite intrinseco della spaccatura generazionale sta nella incapacità comunicativa derivata dalle divergenze nelle modalità comunicative: come dire, parliamo delle stesse cose ma in lingue diverse.
Se si riescono a sensibilizzare le persone, facendo capire le modalità comunicative dei ragazzi agli adulti e della responsabilità delle azioni ai ragazzi, si arriverà ad una situazione meno disallineata tra le varie generazioni e più responsabile da parte di tutti.
I ragazzi delle medie non hanno la concezione di quello che fosse il mondo fino a poco più di 10 anni fa: sono nati con il cellulare all’orecchio -o davanti-, non sanno cosa sia Encarta perché hanno Wikipedia e non sanno cos’abbia rappresentato per noi la Treccani perché hanno Google.

Ecco, questa è la generazione di domani. La nostra speranza.
Una grande speranza, certo, ma un grande punto interrogativo.
Si perché non sappiamo a quali risultati porterà la rivoluzione che stiamo vivendo. Non sappiamo quali risvolti antropologici ci saranno, per una generazione di persone che ha caratteristiche, anche neuronali, del tutto diverse da quelle precedenti.
Quello che possiamo fare è essere consapevoli di quello che stiamo vivendo così come dobbiamo essere consapevoli che la tecnologia è un mezzo, non un fine.
L’obiettivo è quindi quello di fornire una maggiore sicurezza nell’utilizzo della tecnologia la quale, in questo modo, verrà vista come un mezzo e non un fine, oltre a non essere demonizzata da parte di nessuno.
Ecco perché AMO fare gli eventi di “educazione civica digitale”: se vuoi vedere il futuro parla con un sedicenne.