Lo studio “Work of the Future” del MIT è iniziato nel 2018 con la preoccupazione che automazione e intelligenza artificiale si stavano muovendo così velocemente da spazzare via molti lavori, specie quelli manuali e di routine.
Quasi tre anni dopo lo studio traccia un quadro molto diverso in cui non è la tecnologia che avanza troppo rapidamente, ma un mercato del lavoro in frantumi incapace di far fronte a cambiamenti tecnologici REALI.
I robot e l’IA non stanno prendendo il sopravvento: il rapporto afferma che la task force “è stata sorpresa di trovare pochissimi robot ovunque” e si scopre quindi (qualcuno adesso dirà “ma pensa…”) che integrare automazione e intelligenza artificiale è costoso e difficile.
In realtà la paura che i robot ci rubino il lavoro riflette una sofferenza economica reale e mette in luce un aspetto sconcertante che non è l’ascesa dei robot che si temeva ma qualcosa di più profondo e invisibile: tra una produttività in aumento che genera molti posti di lavoro (pre COVID-19) c’è un mercato del lavoro in cui i profitti sono inegualmente distribuiti, inclinati verso l’alto.
Il nemico non sono le IA ma le diseguaglianze abissali generate dal nostro “umanissimo” sistema.
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