A volte sapete cosa penso? Penso che tutto sia finalizzato solo ed esclusivamente a fare discutere, e basta.
Ma partiamo dall’inizio.
Zara è un marchio di abbigliamento e accessori con sede ad Arteixo in Galizia, nel nord della Spagna, fondata nel 1975 da Amancio Ortega e sua moglie Rosalía Mera (…) Si sostiene che Zara necessiti di appena due settimane per sviluppare un prodotto e distribuirlo nei negozi, rispetto alla media di sei mesi della concorrenza, lanciando così circa 10.000 nuovi prodotti ogni anno. Zara ha resistito alla tendenza a trasferire la produzione in paesi a basso costo. Probabilmente però la strategia più insolita è la sua politica di una spesa per la pubblicità pari a zero.
Zara è stato descritto dal direttore moda di Louis Vuitton Daniel Piette come “il più innovativo e devastante marchio al mondo”. (Wikipedia)
Sono due le cose che attraggono subito la mia attenzione:
Zara necessita di due settimane per sviluppare un prodotto e distribuirlo, lanciando così circa 10.000 nuovi prodotti ogni anno.
E’ quindi possibile che, a causa della mole enorme di prodotti sfornati, sia sfuggito ai suoi creatori il fatto che la maglia che vedete nella foto di seguito sia una replica esatta del pigiama a righe da deportati? (fonte)
Si perchè a me è stata la prima cosa venuta in mente, in assoluto: ho pensato all’olocausto, agli ebrei, ai lager. E’ possibile che nel delirio di produttività, deliro che contraddistingue e rafforza Zara, ci sia stato un errore di “leggerezza” nel non avere notato la stella gialla a sei punte e le righe del pigiama come a Treblinka?
No, non è possibile, e vediamo il perchè.
La strategia più insolita è la sua politica di una spesa per la pubblicità pari a zero
Ora, se Zara ha due peculiarità che sono quella di produrre oltre 10mila nuovi prodotti all’anno e quella di non fare pubblicità si evince che la produzione stessa possa essere la pubblicità. Le genti sanno che i prodotti sono sempre nuovi e diversi, va da Zara per la certezza della novità e non necessariamente per la qualità.
Ma se Zara avesse trovato nella provocazione della propria scandalosa produzione di pigiami per bambini, un modo di fare brand awareness?
In questo caso io, in questo momento, sono un veicolo pubblicitario per Zara e sto facendo il suo giuoco, gratis e inconsapevolmente. Ecco, qua sta il punto. Parlarne bene o parlarne male è la stessa cosa?
No, non direi.
Siccome io non posso pensare che una operazione come questa sia casuale o sia un errore, deve essere per forza indirizzata all’awareness quindi, dobbiamo trattarla come tale, prenderne atto e NON comprare più prodotti Zara.
Almeno per un po’, non dico per sempre.
Ad ogni azione commerciale corrisponde una reazione del proprio target, quindi se faccio una pubblicità posso capire se l’investimento è andato o meno a buon fine in base alle vendite. Bene, visto che questa è DI FATTO una operazione commerciale, si dovrebbe fare capire all’azienda che non è andata a buon fine, colpendola nel portafoglio.
E se non si sono accorti che questo pigiama ricorda i lager, beh allora ragazzi, avete un grosso grosso problema, ancora più grosso del fare awareness con il nazismo e i campi di sterminio.
Grazie a Rita Milan per la segnalazione.